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Dalla carta ai bit: tutto sugli e-book reader

Redazione | 21 Gennaio 2011

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Queste particelle (con un emisfero bianco e uno nero, ciascuno di carica elettrica opposta) erano libere di ruotare nel fluido […]

Queste particelle (con un emisfero bianco e uno nero, ciascuno di carica elettrica opposta) erano libere di ruotare nel fluido e si comportavano come un dipolo: applicando opportunamente un campo elettrico ad aree selezionate della pellicola era possibile ruotare le microsfere in modo da creare testi e immagini persistenti per mesi, senza necessità  di fornire alimentazione elettrica se non al momento della rigenerazione dello schermo per presentare nuovi contenuti. Anche in questo caso, il testo era visibile solo in presenza di luce esterna, poiché questa tecnologia, emulando la carta, non prevedeva retroilluminazione. Dopo circa un anno e mezzo di lavoro, il progetto dei display a elettrocapillarità  fu accantonato a favore del Gyricon, ritenuto più semplice, ma poco dopo anche questa ricerca conobbe la stessa sorte, nonostante le interessanti prospettive di applicazione. Il management di Xerox, preoccupato per l’aggressività  della concorrenza nipponica nel campo delle fotocopiatrici, dirottò le attività  del Parc verso lo sviluppo di nuove tecnologie di stampa. Solo quattordici anni dopo, Nicholas K. Sheridon, uno dei cosviluppatori del Gyricon, riprese il progetto e lo trasformò in un’attività  commerciale vera e propria. A Palo Alto, nel 2000, nacque infatti Gyricon Media, società  indipendente che vedeva Xerox come detentore del pacchetto di maggioranza e Sheridon come direttore della ricerca. Il core business dell’azienda era nel ramo delle insegne elettroniche per esercizi commerciali: realizzate in SmartPaper (nome commerciale del Gyricon) e alimentabili per mesi tramite semplici batterie stilo, erano aggiornabili anche via rete locale con un semplice click del mouse. Uno dei primi prodotti presentati al pubblico fu un tabellone “smart” di 28 x 35 cm con risoluzione di 100 ppi. Non ci sono molte altre informazioni sul proseguimento dell’attività  di Gyricon Media, se non una: l’azienda chiuse i battenti nel 2005. Eppure, il lavoro di Sheridon e del Parc iniziato negli anni ’70 fu ripreso o ispirò altri ricercatori. Uno di questi fu Joseph Jacobson, cofondatore di E Ink Corporation nel 1997 a Cambridge (Massachusetts). Un dottorato in fisica e un incarico prima come ricercatore presso la Stanford University, poi come assistente al M.I.T. Media Lab nel 1995, Jacobson elaborò il proprio concetto di carta elettronica traendo spunto dal Gyricon. Anch’egli mise a punto un display riflessivo basato su un sottile sandwich plastico contenente uno strato di milioni di particelle colorate che, al passaggio di corrente, potevano essere allineate in modo selettivo per formare testo e immagini stabili, che non richiedevano ulteriore alimentazione fintantoché non si aggiornava il contenuto. Ma non utilizzò microsfere rotanti con emisferi di colore contrastante, bensì microcapsule trasparenti (dal diametro non superiore a 0,3 mm) contenenti un fluido chiaro e, in sospensione, particelle (o subcapsule) di pigmento bianco con carica positiva e particelle di pigmento nero con carica negativa. Il principio di funzionamento, basato sul fenomeno dell’elettroforesi, è concettualmente semplice: l’applicazione di un campo elettrico negativo all’elettrodo posto sul lato inferiore della pellicola trasparente provoca nelle microcapsule la migrazione verso l’alto delle particelle nere, che diventano visibili all’osservatore; viceversa, un campo elettrico positivo spinge i pigmenti bianchi verso la parte superiore delle microcapsule. L’alternanza di punti bianchi e neri generata dai campi elettrici applicati ai singoli pixel disposti lungo una matrice laminata al film plastico di supporto riproduce all’occhio dell’osservatore caratteri e immagini che, come la carta tradizionale, sono visibili in presenza di luce esterna. Con il perfezionamento della tecnologia, nei dispositivi attuali è possibile generare immagini fino a 16 toni di grigio controllando in modo preciso la tensione di alimentazione applicata al reticolo elettronico dei pixel.

I display prodotti da E Ink dominano attualmente il mercato dell’hardware degli e-book reader dedicati. Ma accanto ai tanti vantaggi dell’inchiostro elettronico – somiglianza con la carta, buona risoluzione in termini di densità  dei pixel, lettura riposante, ottima leggibilità  anche in piena luce e consumi bassissimi – ci sono anche alcuni svantaggi che ne circoscrivono il campo d’impiego, a cominciare dal fatto che, per ora, questa tecnologia è solo monocromatica, anche se sono già  state annunciate implementazioni a colori che dovrebbero apparire molto presto sul mercato. In secondo luogo, il tempo di risposta dello schermo è piuttosto lento – da circa mezzo secondo a un secondo – e perciò è adatto a visualizzare solo testo e immagini statiche, ma non animazioni e video. Infine, il livello di contrasto è ancora inferiore all’ottimale: lo sfondo della pagina non appare bianco puro ma grigio chiaro e il testo non è nero pieno ma grigio scuro. Quest’ultimo punto è stato sensibilmente migliorato nella nuova generazione (la terza) di display Vizplex Pearl di E Ink, adottato da Amazon nel Kindle 3, che esibisce un livello di contrasto superiore del 50% rispetto al modello precedente e ai prodotti concorrenti ancora basati su schermi E Ink di seconda generazione.

Il Kindle 3 di Amazon (a destra) utilizza un display e-ink Pearl da 6″ di terza generazione. Il livello di contrasto superiore del 50% rispetto al modello precedente (a sinistra) migliora nettamente la leggibilità  del testo.

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