L’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 (COVID-19) non conosce evidentemente confini né seleziona le sue “vittime” per censo o per settore lavorativo. Il business tecnologico è uno dei più globalizzati al mondo, ragion per cui le aziende di settore stanno subendo l’impatto di una epidemia che diventa ogni giorno più globale.
La proliferazione del nuovo coronavirus cinese sta influenzando in maniera significativa soprattutto le tante fiere e conferenze tecnologiche, con Google che si è ritrovata costretta ad aggiungere la conferenza per sviluppatori I/O alla già lunga lista di eventi a partecipazione pubblica annullati o rimandati a tempi meno problematici (nel caso in oggetto l’anno prossimo).
Google ha già comunicato in passato di aver individuato un caso di infezione da COVID-19 tra uno dei suoi dipendenti che era stato in Svizzera, e ora anche Amazon ha confermato un caso positivo presso la sua sede principale a Seattle. L’impiegato ammalato è stato spedito a casa con tanto di consigli di “rivolgersi al medico”, mentre in precedenza la corporation di Jeff Bezos aveva già individuato due casi di infezione nei magazzini italiani (a Milano).
Nel tentativo di porre un freno al galoppare del coronavirus cinese, i colossi tecnologici stanno spendendo parecchie energie nella promozione del telelavoro: Twitter ha “fortemente consigliato” ai suoi 5.000 dipendenti in giro per il mondo di lavorare da casa, mentre Microsoft, Google LogMeIn e Cisco hanno deciso di offrire l’accesso gratuito (per un periodo limitato) ai rispettivi strumenti per lo smart working.