L’iniziativa Folding@home ha già raggiunto e superato la barriera dell’exaFLOPS nel calcolo distribuito delle interazioni proteiche di SARS-CoV-2, ma anche i supercomputer “tradizionali” sono attivamente al lavoro nel tentativo di sviluppare nuovi farmaci efficaci contro il virus responsabile della pandemia da COVID-19.
Aziende del calibro di IBM, Amazon, Microsoft e AMD, università, istituzioni, laboratori, agenzie federali USA e NASA hanno messo in piedi il COVID-19 High Performance Computing Consortium, un consorzio pubblico-privato che intende usare le risorse “libere” di supercomputer e sistemi HPC (High-Performance Computing) per debellare la minaccia del nuovo coronavirus.
Il consorzio HPC contro il COVID-19 può già contare su una potenza di 402 petaFLOPS, 105.334 nodi, oltre 3 milioni e mezzo di CPU e 41.286 GPU, e da ieri anche NVIDIA ha annunciato l’intenzione di unirsi alla partita. Una partita che secondo Ian Buck, vice-presidente e responsabile dell’Accelerated Computing per la corporation, rappresenta il “Programma Apollo” dei nostri tempi.
L’obiettivo, spiega Buck, non è partecipare alla “corsa per la Luna” ma a una “corsa per il genere umano”, un programma dove le GPU rappresentano i razzi spaziali e il carburante è la conoscenza scientifica. Al consorzio anti-COVID-19 NVIDIA contribuirà con le sue conoscenze nell’intelligenza artificiale, l’esperienza nella biologia molecolare e nell’imaging medicale, e l’expertise nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse dei sistemi HPC coinvolti.