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Avira risponde a Federprivacy: la nostra app Android non viola la privacy

Alfonso Maruccia | 8 Luglio 2020

Android App Avira Privacy Sicurezza

La security enterprise tedesca ribatte alle accuse di Federprivacy, minimizzando la (presunta?) violazione della privacy degli utenti di Android. I tracker pubblicitari ci sono ma sono “rispettosi” dei diritti degli utenti.

A non molta distanza dal duro atto di accusa lanciato da Federprivacy nei confronti della sua app di sicurezza mobile, Avira ha ribattuto all’associazione italiana dei professionisti della privacy. Le affermazioni condivise dall’azienda tedesca con PC Professionale tendono a minimizzare i rischi per gli utenti, provano a correggere il tiro dell’approccio di Federprivacy alla questione ma confermano: i tracker pubblicitari ci sono.

La security enterprise teutonica dice di essere “molto orgogliosa” di garantire la protezione della privacy dei clienti, confermando altresì di non trarre profitto dai dati degli utenti e che “mai lo farà”. Avira ribatte punto su punto a Federprivacy, a cominciare dalla questione dei permessi e delle autorizzazioni ma concentrandosi sulle funzionalità della versione della app Android attualmente disponibile sul mercato (6.7.2).

Con “gestione autorizzazioni”, dice Avira, gli utenti possono tenere più facilmente sotto controllo le varie autorizzazioni richieste dalle app installate sullo smartphone. Il gran numero di autorizzazioni richieste da Avira, invece, è necessario ad attivare la corrispondente funzionalità di protezione del microfono, della geolocalizzazione e altro ancora. Ogni autorizzazione deve in ogni caso essere confermata manualmente dall’utente.

Avira Android Autorizzazioni

La questione tracker pubblicitari, infine: dei 15 tracciatori identificati da Federprivacy Avira ne conferma “solo 11”, senza DoubleClick, InMobi o Flurry. L’azienda usa gli SDK per migliorare l’esperienza utente “come molti fornitori di app di sicurezza”, e si impegna ad adottare solo i kit che adottano standard di privacy rispettosi (o persino più stringenti) dei dettami della GDPR europea.

In generale, Avira accusa Federprivacy di aver usato uno strumento incapace di fornire informazioni dettagliate su una app (Exodus) e di focalizzarsi su una vecchia versione del suo tool. L’ultima versione di Avira Security 2020 non visualizza più annunci pubblicitari in-app. Sulla base di tutte queste considerazioni, Federprivacy dovrebbe correggere le “affermazioni false” riportate nell’articolo originale.

In effetti Federprivacy ha modificato parzialmente il suo atto di accusa nei confronti di Avira, ma il succo del discorso resta sempre lo stesso. L’associazione ha accolto solo in parte le rimostranze della società tedesca, ha rigettato le considerazioni su Exodus e ha ribadito di non voler più consigliare Avira Antivirus come software di sicurezza usato dai membri del suo staff.