La pandemia di COVID-19 ha favorito e continua a favorire un exploit senza precedenti da parte dei criminali informatici, e non è solo questione di ransomware camuffati da app Immuni. Anche le criptomonete come Bitcoin, da sempre protagoniste assolute dell’economia di rete “sommersa”, hanno rappresentato e continuano a rappresentare un target irresistibile per cracker, criminali e truffatori nascosti dietro un IP.
Una fotografia sull’increscioso stato di cose per l’aleatorio business delle monete virtuali la scatta la società di sicurezza CipherTrace, nel suo ultimo rapporto sui crimini a base di criptomonete e il contrasto al riciclaggio di denaro. I primi cinque mesi del 2020 lasciano intravvedere un vero e proprio anno “record” per il business cyber-criminale.
In particolare, dice CipherTrace, la tipologia di crimine in assoluto preferita dai fan delle criptomonete è quella delle “cripto-truffe”, piuttosto che gli hack e i furti veri e propri. Tra gennaio e maggio 2020, tali truffe hanno già fruttato guadagni per circa 1,4 miliardi di dollari.
Una delle operazioni di maggior successo in tal senso è quella gestita da Wotoken, gruppo criminale cinese che ha organizzato una classica truffa basata su schema Ponzi (nota come PlusToken) che ha fatto qualcosa come 750.000 vittime. I truffatori promettevano guadagni irrealistici grazie a un algoritmo di cambio innovativo. Un algoritmo che in realtà non è mai esistito.
Non bastasse la crescente efficienza delle truffe a base di Bitcoin e altre criptomonete, secondo CipherTrace i criminali informatici sono sempre più bravi anche nella movimentazione del denaro sottratto alle loro vittime. Per non parlare dell’offuscamento della provenienza dei fondi sottratti prima dell’incasso.