Quando si tratta di sicurezza e riservatezza dei dati, il cloud computing è quasi sempre un problema piuttosto che un vantaggio. Office 365 ne è una prova lampante: il servizio di produttività ad abbonamento di Microsoft scambia le ricerche interne degli utenti aziendali con i risultati di altre aziende, e stando a una nuova causa la violazione della privacy in quel di Redmond va molto, molto oltre.
Microsoft condividerebbe i dati riservati degli utenti business di Office 365 con Facebook e le aziende di terze parti, dice la causa in oggetto promossa da Frank Russo, Koonan Litigation Consulting, e Sumner Davenport & Associates. In teoria, le “regole” del servizio imporrebbero a Redmond l’obbligo di tenersi i dati per se. L’accusa sostiene che tale impegno viene regolarmente disatteso.
Microsoft ha condiviso e condivide “regolarmente” i dati degli utenti aziendali con Facebook e altri partner di terze parti, sostengono gli avvocati. Violazioni che coinvolgono centinaia di sub-contractor e la piattaforma “intelligente” nota come Microsoft Graph. Per giunta, dice sempre l’accusa, a Redmond usano (e abusano) in maniera costante di e-mail, documenti, i calendari, le location e altri contenti dei clienti per sviluppare nuovi prodotti e ricavarne altri benefici commerciali.
Particolarmente odioso sarebbe il comportamento di default di Office 365 con Facebook, corporation con cui Microsoft condivide molto volentieri i contatti business dei suoi clienti. Anche quando la funzionalità di condivisione viene disabilitata, le informazioni carpite da Facebook resteranno sui server del social senza alcuna possibilità di cancellazione da parte di Redmond.
In attesa dello sviluppo legale dell’ennesimo incidente sulla strada del (presunto) futuro a base di cloud computing che vuole Microsoft, la corporation dice di essere impegnata a valutare le accuse ma non vuole perdere la faccia. Le affermazioni dell’accusa non sono “molto specifiche” e sono in ogni caso infondate, sostiene la corporation di Redmond.