Due ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme hanno dimostrato come sia possibile identificare l’autore di un video, semplicemente analizzando i suoi movimenti.
La biometria è, letteralmente, la scienza che studia le misure della vita (dal greco bios, vita e metron, misura) ed è utilizzata – anche – come strumento per identificare le persone. Il più famoso tratto biometrico è sicuramente l’impronta digitale, ma esistono moltissime caratteristiche fisiche che si possono utilizzare per identificare univocamente ognuno di noi. Per un approfondimento sulla biometria (e sulla sua adozione nel campo della sicurezza informatica) vi rimandiamo ai nostri articoli sull’argomento.
La biometria non studia solo le nostre caratteristiche fisiche, ma può analizzare anche i nostri comportamenti. Un esempio? Ognuno di noi ha un modo di camminare unico: se si è in grado di misurare le microvariazioni e si ha abbastanza potenza di calcolo per elaborare i dati è possibile identificare una persona anche da come cammina. E non si tratta di fantascienza: ho avuto modo di vedere il primo utilizzo reale già qualche anno fa, nel corso di un Idf (l’Intel Developer Forum). In questo caso l’utilizzo era specifico e limitato: lo smartphone raccoglieva i “dati” del suo proprietario e, in caso di furto, si accorgeva dopo pochi passi di non essere più nella tasca del suo padrone e lanciava l’allarme.
Che il nostro modo di camminare ci identifichi è tornato alla ribalta adesso, con lo studio di un gruppo di ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Il professor Shmuel Peleg e Yedid Hoshen hanno creato un metodo che consente di identificare le persone analizzando i loro video in prima persona (a questo link trovate l’abstract del loro lavoro ). In pratica i due ricercatori hanno dimostrato che, quando si registra con un dispositivo “fissato” al corpo, come potrebbe essere una action cam, il video cattura anche i vostri movimenti. Visto che manca un database per adesso è possibile “solo” confrontare due video e capire se sono stati girati dalla stessa persona o meno.
Ma il fatto che manchi un database potrebbe essere solo questione di tempo: se i Google Glass diventassero un fenomeno di massa, il numero di video catturati in prima persona potrebbe esplodere (inutile nasconderlo, la tecnologia sta elevando alla massima potenza il nostro egocentrismo…). Come in tutti i casi, non esiste una tecnologia “buona” o “cattiva”, ma potenzialmente si potrebbero identificare i partecipanti a un corteo, anche se con il volto coperto, analizzando il loro modo di camminare. Senza falsi allarmismi, la strada da percorrere è ancora lunga, l’importante è sapere, come ha detto il professor Peleg, che quando postate un video “il fatto che non si veda la vostra faccia non significa che siete anonimi”.
Eugenio Moschini