Farà sicuramente discutere l’accordo annunciato in questi giorni tra il provider inglese Virgin Media e la casa discografica Universal Music.
In base ad esso gli abbonati ai servizi Internet di Virgin Media (circa 10 milioni di utenti residenziali) entro la fine dell’anno avranno accesso illimitato al catalogo musicale Drm-free della Universal, in cambio di una fee mensile ancora da definire. Gli abbonati al servizio potranno memorizzare e riprodurre su qualsiasi supporto digitale i file musicali in formato Mp3 di brani singoli come di interi album, che resteranno in loro possesso anche una volta estinto l’abbonamento. Sono previste anche formule di abbonamento entry level per chi non è interessato ad aver a disposizione l’intero repertorio musicale della Universal (che tra i suoi artisti annovera nome come Amy Winehouse, Girls Aloud, la Roux e Black Eyed Peas).
Fino a qui nulla di strano, anzi sembrerebbe il modello ideale di distribuzione digitale della musica, che si è rincorso in tutti questi anni.
Solo che in cambio la Universal Music chiede una collaborazione più attiva alla Virgin nel combattere e prevenire la pirateria musicale. E così dentro l’accordo compare anche la “sospensione temporanea dell’accesso Internet a quei clienti che sono stati più volte redarguiti per la loro attività di file -sharing illegale”.
Insomma è un po’ come vendere l’anima al diavolo: io ti dò accesso all’ intero catalogo musicale, offrendo ai tuoi clienti un’ opportunità unica (peraltro a un costo mensile che secondo alcune fonti dovrebbe aggirarsi sui 10-15 euro al mese ) e tu in cambio blocchi l’accesso a Internet a coloro che ripetutamente scaricano illegalmente file.
E’ singolare che un accordo del genere venga firmato pochi giorni dopo che dalla Francia era arrivato un clamoroso stop alla legge anti-pirateria voluta dal presidente Sarkozy, che prevedeva proprio il blocco dell’accesso a Internet come strumento per combattere la pirateria.
In Francia la corte costituzionale ha equiparato l’accesso a Internet a un diritto di espressione dell’uomo, in Inghilterra invece sta passando la linea opposta. A giorni si attende la presentazione del Digital Britain Report, uno studio voluto dal governo britannico che, come anticipa la BBC, molto probabilmente conferirà maggiori poteri all’autorità regolatrice locale (Ofcom) proprio al fine di obbligare i provider a trovare una soluzione concreta al problema del file sharing illegale. Una delle ipotesi allo studio sarebbe anche quella di limitare la banda a disposizione nelle connessioni Internet, per scoraggiare il download illegale.
E in Italia? Qualcuno ci aveva anche provato a convincere Telecom Italia a girare gli indirizzi Ip degli utenti più indisciplinati, ma la proposta, per ora, è stata rispedita al mittente.