Dopo lo stop di Google alla censura in Cina e la scelta di dirottare il traffico sul sito d Hong Kong, gli ultimi eventi sono un’escalation dei rapporti di forza tra Stati Uniti e Cina. Oggi si apprende che uno dei principali fornitori di domini Internet negli USA, GoDaddy, non accetterà più registrazioni di domini di siti web in Cina, come reazione alle nuove regole restrittive introdotte dal governo in materia di registrazione domini con il suffisso .cn (chi ne fa richiesta deve fornire tra i dati personali anche la propria fotografia).
Dall’altra parte del pianeta invece, China Unicom, il secondo più grande operatore mobile in Cina, ha annunciato che i nuovi telefoni basati su Android in vendita in Cina non includeranno più le funzioni di ricerca di Google, proprio come conseguenza del braccio di ferro in corso tra Mountain View e il governo di Pechino sulla censura. “Vogliamo lavorare con qualsiasi società rispetti le leggi cinesi” hanno commentato i vertici di China Unicom.
Due facce della stessa medaglia, verrebbe da dire, ovvero il controllo sulle informazioni che corrono nel web esercitato da parte del governo cinese e che è diventato sempre più insistente negli ultimi mesi, fino ad esempio a richiedere una sorta di schedatura degli utenti che chiedevano l’apertura di un sito web con il country code nazionale .cn.
Di certo la decisione di China Unicom è un colpo pesante per Google: in Cina si stima ci siano 384 milioni di utenti Internet e ben 700 milioni di utenti di telefonia mobile molti dei quali usano Internet anche su cellulare. La vendita degli smartphone in Cina e in particolare di quelli basati su Android è iniziata lo scorso anno e rappresenta uno dei mercati più promettenti.
Il protezionismo ad oltranza applicato dalla Cina potrebbe creare un circolo vizioso: cosa accadrebbe se gli Stati Uniti bloccassero le vendite dei PC made in Cina, come qualcuno giorni fa faceva notare?