Le relazioni tra Cina e Stati Uniti sembrano essere a un punto di rottura almeno per quanto riguarda Internet.
È notizia di ieri che la versione internazionale di Google e il suo servizio di posta Gmail, sono stati per ore irraggiungibili dagli utenti cinesi.
Una ritorsione del governo cinese verso Google?
Nelle scorse settimane il governo di Pechino aveva chiesto al motore di ricerca di ridurre l’accesso ad alcuni siti stranieri dall’interno della versione cinese di Google (che secondo le autorità cinesi conteneva troppi link a siti pornografici). Il gruppo di Mountain View aveva preso tempo e ora forse è arrivata la risposta.
L’episodio di per sè non è che l’ultimo di un lunga serie di tentativi di censura e di blocco di alcune parole chiave nelle ricerche locali con Google in Cina, ma si inserisce in un contesto reso più complicato dalla decisione del governo cinese di imporre ai produttori di computer di vendere i loro prodotti in Cina con a bordo un software di filtro per siti web.
Il provvedimento che dovrebbe diventare operativo dal 1 luglio, è stato naturalmente motivato dalla lotta alla pornografia e pedofilia on line, ma è chiaro che finirebbe per diventare un cavallo di troia attraverso il quale inasprire la censura su Internet.
Il particolare infatti non è sfuggito all’amministrazione del Presidente Obama che proprio ieri, come riporta il New York Times, ha elaborato una protesta formale al governo cinese, contro la decisione di vendere i computer con un software di filtro per Internet.
Nella lettera si chiede al governo cinese di rimandare la data di inizio della commercializzazione del software di filtro Green Dam-Youth Escort, prevista per il 1 luglio, soprattutto alla luce dello scarso tempo di avviso dato ai produttori per prendere una decisione e attrezzarsi.
Inoltre il segretario al Commercio Gary Locke ribadisce la pericolosità del software che oltre a generare problemi di sicurezza nei computer (secondo quanto detto da chi ha avuto modo di visionarlo) porta con sé chiare implicazioni di censura a Internet.
L’ìdea di proteggere i bambini dalla pornografia e da contenuti inappropriati è di per sè legittima, ma questo strumento, secondo le autorità americane, sembra mirare a scopi ben più ampi.
Da più parti negli Stati uniti erano già arrivati commenti di protesta alla decisione del governo Cinese, non ultimo quello della Computer and Communication Industry Association, l’organizzazione no profit che riunisce alcuni operatori dell’informatica, internet e computer.
Tacciono invece per ora i principali produttori americani, come Hewlett Packard e Dell, che non hanno ancora comunicato la loro decisione: accettare le condizioni di Pechino e vendere i PC con il software di filtro, o rinunciare al ricco mercato cinese, uno tra quelli in maggiore espansione?