Come sono costruiti i documenti di TeX
Le parti fondamentali di ogni documento LaTeX sono il preambolo e il corpo. Nel primo, all’inizio del file, si definiscono le caratteristiche tipografiche principali da utilizzare nella composizione del prodotto finito. La prima è la classe, cioè la categoria a cui il documento appartiene. Le classi più comuni sono Lettera e Articolo (quest’ultimo orientato a riviste scientifiche) e Tesi o Book per lavori più lunghi, che devono essere suddivisi in capitoli e spesso vengono gestiti tramite i cosiddetti master document. In altre parole, anziché scrivere tutto in un solo file, nel master si inserisce poco più del preambolo e delle dichiarazioni dei pacchetti necessari e dei comandi comuni.
I capitoli di testo veri e propri vanno a parte, in altrettanti file separati ma inclusi, cioè caricati al momento della compilazione, da apposite dichiarazioni nel master. Oltre a quelle già citate esistono classi LaTeX già pronte per quasi tutte le esigenze. Quella chiamata Beamer (proiettore), per esempio, crea presentazioni, magari non multimediali, come quelle di Impress o Powerpoint (ma quante volte certi “arricchimenti” sono davvero necessari?) ma di ottima qualità tipografica, a cui è difficile rinunciare dopo averla provata, soprattutto per formule o altri testi scientifici. Ogni slide diventa una singola pagina Pdf, ma può essere composta di diverse schermate (overlay) che in fase di visualizzazione appaiono una alla volta, come i punti di una lista. I moduli Beamer gestiscono stile, colori e transizioni delle diapositive, grazie anche a comandi speciali per caricare nel modo più efficiente sfondi o altre immagini ripetute.
Subito dopo la classe vanno indicati i pacchetti di macro da utilizzare in compilazione, con tutte le opzioni corrispondenti. Fra i pacchetti da dichiarare sempre ci sono, per esempio, quelli che definiscono la lingua (o le lingue) usate, cioè quali regole di sillabazione adottare, come localizzare i nomi di capitoli e illustrazioni e il set di caratteri impiegato. Nel preambolo vanno definiti anche eventuali comandi e ambienti (vedi sotto) speciali. La fine del preambolo e l’inizio del documento vero e proprio sono segnalati dal marcatore “begin {document}”, la fine da quello “end {document}”: tutto ciò che verrà scritto dopo tale comando verrà ignorato. Qualunque sia il tipo di documento, i suoi contenuti speciali (in Inglese “in display”), ovvero quelli da formattare diversamente dal flusso di testo di base, vengono gestiti da LaTeX con concetti simili alle classi: questo vale, oltre che per liste, figure e tabelle, anche per note a piè di pagina o a fine documento, formule, citazioni e poesie.
Per tutti questi tipi di oggetti esistono vari “ambienti”, riconoscibili nei sorgenti perché racchiusi fra istruzioni “begin” e “end” che il compilatore compone in riquadri, e solo dopo inserisce nel documento completo. Grafici e e altri disegni al tratto vanno generati descrivendoli con le macro di pacchetti dedicati, come PSTricks e Pgf. In ogni caso tutte le figure, a differenza di quanto avviene nei word processor tradizionali, usano per default gli stessi caratteri e stili del resto del documento per legende, didascalie e altri testi integrati.
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La curiosa storia di TeX
e dei suoi avvisi di taglia
Come avviene in qualsiasi altra disciplina, anche l’informatica ha le sue storie famose, vere ma raccontate come se fossero leggende. Si ricorda come Richard Stallman abbia creato il movimento del Software Libero anche per la frustrazione provata nel non poter sistemare da solo il driver dell’unica stampante disponibile nel dipartimento in cui lavorava. Anche TeX e LaTeX nascono da frustrazioni del genere. Nel 1978 il professore di Matematica e Informatica dell’Università di Stanford, Donald Knuth, rimase disgustato dal modo in cui il nuovo typesetter digitale del suo editore riproduceva le formule matematiche del suo ultimo libro.
All’epoca le bozze venivano realizzate con macchine per scrivere o word processor privi dei caratteri adatti, quindi la resa tipografica non era controllabile dagli autori. La situazione era talmente grave che Knuth decise di scriversi da sé un nuovo software che facesse quel lavoro nel miglior modo possibile. Pare che Knuth si convinse che piazzare puntini bianchi e neri su una pagina era come disporre nel modo giusto le cifre uno e zero, cioè bit: qualcosa, disse, “sicuramente alla portata” di un professore di informatica.
TeX nacque quindi come formattatore automatico di equazioni e formule, descritte in modi deliberatamente simili a quelli che un matematico avrebbe usato per dettare le espressioni a un collega al telefono. I risultati furono talmente buoni che TeX si diffuse al di fuori della cerchia di astrofisici e matematici, i suoi primi utenti. Ovunque c’era bisogno di stampa digitale di qualità . Quest’ultima è assicurata anche dall’impegno solenne preso da Knuth: ancora oggi, dal 1978, chiunque trovi un baco in TeX riceverà un assegno. L’importo è di pochi dollari, ma il prestigio di Knuth nel mondo informatico e quello che deriverebbe dal coglierlo in fallo sono tali che gran parte degli assegni finora emessi sono finiti incorniciati, anziché all’incasso in banca.
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