Fa discutere in questi giorni la polemica innestata dalle dichiarazioni dell’Associated Press (AP), la prestigiosa agenzia di stampa internazionale che si è detta stufa di vedere le proprie notizie circolare liberamente in rete ed essere letteralmente “espropriate” dai motori di ricerca, minacciando azioni legali contro quanti d’ora in poi utilizzeranno illegalmente il suo patrimonio informativo.
Naturalmente il principale destinatario delle accuse è Google e il suo servizio di aggregazione Google News che riprende le notizie più importanti pubblicate dai principali quotidiani e siti web internazionali, riproponendo in poche righe la sintesi dei vari articoli. Ma anche Yahoo! dispone di un servizio analogo e oggi quasi il 20% del traffico sui siti di news e media arriva da Google Search e Google News e un altrettanto 13% da Yahoo! (fonte Hitwise).
Segno che gli utenti apprezzano la praticità di questi aggregatori di notizie e li preferiscono a volte alle fonti originali. E proprio questa è la preoccupazione principale degli editori che temono di perdere page view sui loro siti (e quindi potenziali investitori pubblicitari) mentre i “motori di ricerca si nutrono come parassiti delle loro notizie”. Così si è espresso ieri un giornalista del Wall Street Journal, rincarando la dose.
Da parte sua Google sostiene di avere già in essere accordi di licencing con l’AP per la distribuzione e indicizzazione dei loro contenuti sui loro server. E per bocca del suo Ceo Eric Schmidt, intervenuto proprio ieri al meeting annuale degli editori americani di quotidiani, ricorda agli editori che è loro facoltà escludere i contenuti dall’indicizzazione del motore Google, ma che in ultima analisi vanno tutelati gli interessi dei lettori e dei consumatori.
Associated Press, però, pare intenzionata a fare qualcosa di più di una semplice protesta: al vaglio c’è una politica industriale di protezione dei contenuti che passa sia per sistemi di tracking delle notizie diffuse in rete sia per la creazione di un nuovo aggregatore di notizie proprietario che ospiti i link alle fonti originarie.
Di certo non è la prima volta né sarà l’ultima che i motori di ricerca vengono accusati di uno strapotere e di uno sfruttamento improprio dei siti di fornitori di contenuti.
In America vige la norma dei fair use, una sorta di libera riproduzione di una fonte giornalistica, i cui confini però sono stati resi ancora più labili dall’avvento di Internet. E la crisi che ha investito l’editoria americana ha fatto il resto.