I social come Twitter o Facebook portano gli utenti a esprimere i loro punti di vista e molte informazioni circa la loro quotidianità; tuttavia nessuno prima d’ora ha pensato che tali dati potessero fungere da elementi d’analisi per diagnosticare alcuni disturbi psichici.
Molto spesso si parla dei social con accezione negativa, basta pensare alle accuse con cui Twitter ha dovuto combattere per circa un anno a causa degli account fake che hanno condizionato l’andamento della campagna elettorale americana, gli hacker russi e insulti antisemiti che hanno portato a polemizzare contro la natura stessa, liberal-democratica, del social network.
Invece, è notizia di questi giorni che uno studio condotto dal National Tsing Hua University di Taiwan pubblicato sul sito arXiv ha affermato che con il prezioso contributo dell‘intelligenza artificiale diventa possibile – sul social cinguettante – vedere gli effetti della malattia addirittura con diversi mesi di anticipo rispetto alla fase critica. Stiamo parlando di una malattia che inizialmente non è facile da interpretare, in quanto il bipolarismo si manifesta come un disturbo dell’umore con passaggi improvvisi da depressione a loquacità, che a lungo andare può diventare incontrollabile.
Durante la fase di ricerca, e quindi di analisi, gli studiosi hanno esaminato oltre 10mila tweet pubblicati nell’arco di dieci anni, una linea temporale molto estesa, di circa 400 persone che presentano questo disturbo insegnando a un algoritmo a riconoscere le caratteristiche che questi soggetti presentavano in comune. Alla fine si è capito che è possibile prevedere i sintomi e riconoscerli addirittura un anno prima che venga fatta la diagnosi quando ormai la malattia non è più latente.
Inoltre, grazie all’importante contributo dato dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale diventa meno difficile curare in tempo questo disturbo, in modo da essere se non debellato del tutto almeno tenuto sotto controllo. A prova di ciò, se per molti Twitter è un social network troppo “libero”, altri dopo questa scoperta sono ben felici di beneficiare dei suoi strumenti. Condividere diventa un modo per farsi conoscere, esporsi, mostrare dei dati sensibili sulla propria persona e con essi, tutto quel patrimonio genetico che racchiude un mondo talvolta inesplorato, sconosciuto perfino a noi stessi.