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Spotify accusato di riempire le playlist con musica creata con l'AI

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Spotify accusato di riempire le playlist con musica creata con l’AI

Martina Pedretti | 23 Dicembre 2024

Spotify

Spotify accusato di favorire musica generata da AI e brani a basso costo nelle playlist, penalizzando gli artisti indipendenti.

Spotify sotto accusa: troppe canzoni create con l’AI nelle playlist?

Un recente rapporto pubblicato su Harper’s Magazine ha acceso un nuovo dibattito sul ruolo di Spotify nella promozione della musica generata a basso costo, con implicazioni significative per artisti e produttori indipendenti. Secondo l’inchiesta, Spotify avrebbe introdotto musica prodotta da intelligenza artificiale o creata da studi di produzione a tariffe fisse nelle sue playlist. Per questo è stata accusata di manipolazione delle pratiche di streaming.

Il programma, noto come Perfect Fit Content (PFC), prevede che Spotify stipuli contratti con aziende specializzate nella produzione di brani generici, che spaziano da beat lo-fi a musica ambient o classica. Questo tipo di musica sarebbe progettato per soddisfare le preferenze degli utenti senza dover pagare royalties agli artisti indipendenti. Infatti la piattaforma acquista i diritti di questi brani in blocco. Questa strategia non solo ridurrebbe i costi, ma permetterebbe a Spotify di occupare le sue playlist più popolari con contenuti che non premiano il talento degli artisti emergenti.

Liz Pelly, giornalista di Harper’s Magazine, ha sottolineato come questa pratica comprometta l’idea di meritocrazia dello streaming. “Spotify si presenta come una piattaforma democratica dove gli ascolti determinano il successo. Tuttavia il programma PFC mina questa narrativa, favorendo contenuti standardizzati e privi di autenticità”.

Un ulteriore punto critico riguarda l’uso crescente dell’intelligenza artificiale per generare musica. Il CEO di Spotify, Daniel Ek, ha espresso più volte il suo sostegno per l’integrazione dell’AI nella musica. Tuttavia critici ed ex dipendenti avvertono che questa tendenza potrebbe portare a un eccesso di “musica di sfondo“, priva di identità artistica.

Spotify ha negato fermamente le accuse, dichiarando che i curatori delle playlist non ricevono pressioni per includere tracce PFC. Invece, ex dipendenti citati nell’articolo descrivono una realtà diversa.

Questa controversia solleva interrogativi sul futuro dello streaming musicale e sul suo impatto sulle industrie creative. Mentre Spotify continua a difendersi, gli artisti e gli ascoltatori riflettono sul costo culturale di queste pratiche.