Non è sicuramente un periodo facile per Uber, la corporation del car sharing che non ha mai registrato un profitto in 11 anni di presenza sul mercato. Dopo i licenziamenti di massa dei mesi scorsi, l’azienda deve ora fare i conti con una situazione economica sempre più degradata.
Uber “sanguina” e perde miliardi di dollari, per la precisione $1,8 miliardi negli ultimi tre mesi stando ai risultati del secondo trimestre dell’anno pubblicati dalla corporation. Alla fine di giugno 2020, i ricavi complessivi ammontavano a $2,2 miliardi con un -29% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La proliferazione incontrollata di Sars-CoV-2 (negli USA e non solo) ha fatto crollare le chiamate di car sharing con un -67% anno-su-anno. A parziale compensazione del disastro, il servizio di consegne a domicilio è letteralmente esploso passando da un valore complessivo di $3,4 miliardi a $7 miliardi.
Prima del “botto” del COVID-19, il CEO di Uber Dara Khosrowshahi si era detto certo della possibilità, per l’azienda, di registrare i suoi primi profitti ufficiali entro il 2020. Con la pandemia tutte le previsioni sono andate in fumo, e ora Uber si trova in una condizione che definire incerta è dire poco.
Il boom del business delle consegne a domicilio lascia intravedere una tenue speranza di ripresa, e la corporation non è in ogni caso ancora a rischio fallimento: con il denaro “cash” e gli investimenti a breve termine che ha a disposizione, Uber potrebbe continuare a sanguinare miliardi e restare sul mercato per un altro anno almeno.