Il padre del World Wide Web anima una nuova iniziativa volta a preservare la tecnologia di Rete più popolare, una rivoluzione oggi minacciata dagli abusi di aziende, governi e malintenzionati.
Sir Tim Berners-Lee vuole salvare il Web e i suoi utenti dagli abusi con un nuovo Contratto, un documento ancora in itinere ma che già include una serie di principi che le organizzazioni interessate a parteciparvi dovranno rispettare. Un’iniziativa ambiziosa che secondo i critici servirà a ben poco, senza un “piano di attacco” ben congegnato e un coinvolgimento diretto degli utenti di cui sopra.
Tim Berners-Lee è il riconosciuto inventore del World Wide Web e delle comunicazioni HTTP tra client e server, una tecnologia sviluppata al Cern di Ginevra nel 1989 e alla base di buona parte delle informazioni che oggi circolano su Internet. Oltre a tenere una cattedra di informatica a Oxford e al MIT, il tecnologo continua a sovrintendere lo sviluppo del Web come direttore del World Wide Web Consortium (W3C).
Nel proporre la sua nuova “Magna Carta” per il Web, Berners-Lee ha sottolineato i principi alla base del sistema di comunicazione ipertestuale – una tecnologia nata per far avvicinare le persone, mettere la conoscenza a disposizione di tutti e permettere a tutti di avere un “ruolo” nella salvaguardia di queste possibilità.
Un vasto programma di riforma
Oggi, dice Berners-Lee, la connessione tra le persone resa possibile dal Web funziona “in modo distopico”: on-line e sul Web circolano abusi, pregiudizio, una polarizzazione estrema delle opinioni, le fake news. Il Web non funziona come dovrebbe, sostiene il suo creatore, ed è per questo che un nuovo contratto è necessario per preservarne l’ispirazione originaria.
Assieme alla sua World Wide Web Foundation, Berners-Lee ha già fissato i principi che animeranno il nuovo contratto e che dovrebbero essere rispettati da governi, aziende e netizen: i governi garantiranno a tutti la possibilità di connettersi a Internet, manterranno Internet accessibile “sempre” e rispetteranno il diritto fondamentale alla riservatezza; le aziende favoriranno l’economicità dell’accesso alla Rete e ai suoi servizi, rispetteranno la privacy e i dati personali dei clienti, svilupperanno tecnologie in grado di favorire il bene comune piuttosto che il contrario; i cittadini della Rete saranno infine “creatori e collaboratori” del Web, costruiranno community forti basate sul “rispetto della discussione civile e della dignità umana”, si impegneranno a lottare per la difesa del Web.
Si tratta, per dirla in breve, di un programma decisamente vasto e ambizioso, un documento che da semplice elenco di principi si trasformerà in un contratto vero e proprio entro la prima metà dell’anno prossimo. Tra le 50 organizzazioni che hanno già sottoscritto il Contratto per il Web ci sono politici, imprenditori, aziende di rete di primaria importanza (Google, Cloudflare), fondazioni non-profit. Secondo i critici il contratto di Berners-Lee rappresenta invece poco più che un manifesto hippie per una kumbaya telematica fuori tempo massimo, una dichiarazione d’intenti lodevole ma incapace di incidere su una realtà fatta di dati violati, venduti o contraffatti, cyber-crimine e news sempre più fake.
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