Non accenna a diminuire nel nostro paese il fenomeno del software illegale: anche per il 2011 il tasso di pirateria in Italia è stato pari al 48%, in pratica quasi la metà dei programmi installati sono illegali. Il valore commerciale del software non originale in circolazione ammonta a 1.398 milioni di euro, il che ci posiziona all’ottavo posto nella classifica dei paesi più devoti all’illegalità . Sono i dati del 2011 Global Software Piracy Study di BSA, il report annuale che fa il punto sul fenomeno della pirateria nell’industria del software.
ln Italia c’è stata a dire il vero una leggera riduzione dell’illegalità rispetto al 2010: si è passati dal 49% al 48%, ma è una flessione troppo debole per incidere positivamente sulla riduzione delle perdite economiche del settore e soprattutto è in contro tendenza con il resto dell’Europa occidentale, dove il tasso di pirateria medio è sceso dal 35% al 33%. Peggio di noi c’è solo la Grecia (61% di tasso d’illegalità ).
“Se il 48% dei consumatori taccheggiasse i prodotti sugli scaffali dei negozi, questo sicuramente indurrebbe le Istituzioni ad intensificare la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine e ad appesantire le pene per i trasgressori della legge”, commenta Matteo Mille, Presidente di BSA Italia. “Invece il nostro Paese si trova ancor oggi privo di una salda normativa per la tutela della proprietà intellettuale in rete”.
Sarà anche vero, ma sugli scaffali dei negozi si trovano spesso sconti e promozioni di entità tali che l’industria del software si sogna di applicare.
A livello globale, la ricerca di Bsa evidenzia che i tassi di pirateria nei mercati emergenti sovrastano quelli riscontrati nei mercati maturi, in un rapporto medio da 68 a 24 circa , e che i primi rappresentano una quota massiccia del controvalore economico connesso ai prodotti illecitamente utilizzati. Il tasso di pirateria globale nel 2011 si è mantenuto sul 42%, mentre la costante crescita del mercato Ict nel mondo in via di sviluppo ha portato il valore commerciale del software piratato a crescere fino ad oltre 45,6 miliardi di dollari.
Dalla ricerca emergono dati interessanti anche sui comportamenti individuali: il 57% degli intervistati ad esempio ammette di aver impiegato software illegale, se non sempre, quanto meno occasionalmente. E tra le figure professionali dei cosiddetti “decison maker” l’uso di software illegale è ancora più diffuso che non tra gli utenti comuni: la pratica più frequente negli uffici è quella dell’underlicensing: si compra una licenza sola e poi s’installa il software su tanti PC.
Infine domina un senso di impunità pressoché unanime: solo il 20% di chi copia software teme di essere scoperto e nelle economie emergenti la percentuale è ancora più bassa (15%).