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Come usare Telegram: dalle persone alle aziende e i tre aspetti da tenere a mente

Redazione | 16 Marzo 2016

Social

Oggi abbiamo chiesto a Marco Ziero, esperto di Mobile Marketing e fondatore di Moca Interactive Srl, dell’esplosione di Telegram in […]

Oggi abbiamo chiesto a Marco Ziero, esperto di Mobile Marketing e fondatore di Moca Interactive Srl, dell’esplosione di Telegram in Italia, di come questa App di messaggistica meno conosciuta rispetto a WhatsApp, si stia ricavando un proprio spazio di utilizzo.

Buongiorno Marco, stiamo osservando la crescita globale dell’antagonista al più conosciuto WhatsApp, ma sta davvero esplodendo Telegram in Italia?

Mi sento tranquillo nello scrivere che Telegram, in Italia, sia esploso; con il numero di iscritti non siamo ai livelli di Facebook, Instagram e Twitter però nei mesi più recenti il suo indice di adozione è salito alle stelle.

Cosa ti fa dire che la diffusione di questa nuova app di messaggistica sia in costante crescita in Italia?

La curiosità  attorno all’applicazione è cresciuta molto. Un primo dettaglio lo si può ricavare chiedendo direttamente a Google – via Google Trends (qui la parola “telegram” circoscrivendo la mole di ricerche al territorio italiano ed agli ultimi 12 mesi).

telegram-trends

I trends delle ricerche della parola Telegram su Google.

Un secondo indizio lo si identifica dal fatto che le più grandi testate giornalistiche non si sono tirate indietro dal dedicarci almeno un pezzo: Repubblica, Corriere della Sera, Huffington Post, Wired e ora anche PcProfessionale.it.  Insomma, è un argomento caldo.

Telegram nasce fondamentalmente come strumento di messaggistica tra le persone, perchè le aziende stanno iniziando ad adottarlo per comunicare con i propri clienti/lettori?

Dopo le persone, anche le aziende si sono spinte nell’esplorazione di questa nuova applicazione raccogliendo i vantaggi di quella che è la funzionalità  di Telegram che meglio si addice a loro: i canali.
Immagina il canale come una chat unidirezionale: l’azienda scrive e chi ha aderito al canale (che può essere pubblico e privato) riceve il messaggio – con una notifica push che l’avvisa; ad eccezione di un dettaglio che descriverò dopo, non differisce dalle chat/conversazioni che abbiamo già  con i nostri contatti su Telegram stesso o Whatsapp o Facebook Messenger.
Pensando alle aziende – anche alla mia – mi intriga molto la possibilità  offerta dai canali di inviare messaggi multipli nei quali si possono contemplare, ad esempio, i contenuti del mio piano editoriale. Non ci sono infatti grossi stravolgimenti da attuare: i messaggi trasmessi tramite il canale possono contenere testo, immagini, video, link.
Se a chi legge sta venendo in mente quello che la sua azienda fa già  su Facebook, ha visto giusto. Se invece è venuta in mente una newsletter ancora più intima – perché via mobile e dotata di notifiche push – ha visto ancora meglio!

Dopo Facebook, nato per le persone e diventato fertile terreno per le aziende, anche Telegram quindi sta passando ad una funzionalità  più Business Oriented?

Telegram è un’applicazione di instant messaging, non è un social network; è paragonabile a Whatsapp, non a Facebook. Si può quindi partire dal piano editoriale pensato per i social network, ma bisogna aggiungerci delle accortezze rese necessarie dal fatto che il mezzo è, senza dubbio, diverso.
In relazione a ciò, ho identificato 3 aspetti che ritengo necessari da tenere a mente se le aziende desiderano aggiungere Telegram come canale di distribuzione di contenuti (proprietari o meno).

Quali sono questi tre aspetti che ritieni necessari?

Primo fra tutti il tono di voce e la sintassi, quando chattiamo con gli amici – perché il parallelismo che dev’essere fatto è questo – il linguaggio è colloquiale, abbreviato, quasi sgrammaticato. Raramente è freddo e spesso ricongiunge ad un contesto vero (“Ehi, com’è andata l’altra sera?“). Chiariamolo, non tutte le aziende potranno adattarsi ad un linguaggio di questo tipo ma che almeno si eviti di prendere i titoli scritti per il web – editati per attirare l’attenzione – e copia-incollarli su Telegram, quello sì.
E se si pensa di poter fare a meno delle emoticon, non illudiamoci: nei messaggi utilizziamo le “faccine”, quindi anche come azienda dovremo iniziare ad utilizzarle. :O
Poi la conversazione è fatta anche di parole, non di soli link. Quando ci scriviamo con un amico, tutto quello che dobbiamo dirci molto spesso si esaurisce nell’applicazione, nella chat, in quella stessa schermata insomma; pensiamo a Whatsapp: i nostro contatti ci riportano la notizia non ci incollano un link, ci inviano un video direttamente come allegato non ci rimandano su Youtube.
E’ vero che l’azienda ha degli obiettivi precisi, ma il suo comportamento deve essere contestualizzato al mezzo: se proprio vogliamo inviare un link ad un contenuto (perché l’obiettivo è amplificare la visibilità  di quel contenuto), dobbiamo simulare quello che succederebbe tra amici, cioè descrivere con un piccolo incipit il contenuto stesso per convincere a seguire la nostra segnalazione.
Un altro suggerimento connesso a questo punto: ogni tanto, inviare un messaggio dove non chiediamo di fare nulla, molto leggero, con – apparentemente – nessun obiettivo dietro; è una chat con le persone, è utile comportarci come se fossimo in una chat: con le persone.
Infine, convincere gli utenti a restare. Delle notifiche push tanti hanno abusato. E le persone si sono infastidite (alcune statistiche affermano che il 52%-60% delle persone ha disabilitato le notifiche).
Ma queste applicazioni vivono proprio grazie alle notifiche: non apriamo Whatsapp per vedere se qualcuno ci ha scritto, bensì apriamo Whatsapp perché l’app ci avvisa con una notifica che qualcuno l’ha già  fatto. Quindi prendiamo consapevolezza di ciò e rispettiamo lo spazio ed il tempo delle persone: non tempestiamo di notifiche push, non ne mandiamo 5 (o più) al giorno; se anche l’Economist ha creato The Economist Espresso (5 news al giorno recapitate via mail, solo 5, le migliori – me l’ha detto Luisa Carrada), allora ce la possiamo fare anche noi.
Lo sappiamo che la cronaca nera ed i titoli tragici attirano l’attenzione, i clic fanno vendere, però se un utente ha aderito al canale di Telegram di un’azienda, in qualche modo si è già  abbonato; non va tempestato quindi di titoletti negativi e “catastrofici”.
Se su Facebook il tutto è – per fortuna, a questo punto – mitigato dai gattini, i video e l’algoritmo stesso di Facebook che fa una selezione a monte dei contenuti, qui invece è tutto un fiume e, mannaggia, la tentazione di abbandonarli è allettante, anche solo per non continuare a fare venire il malumore.

E così scopriamo che anche Telegram sta entrando nella quotidianeità , i nostri smartphone saranno uno strumenti di comunicazione a cui le aziende non possono più fare spallucce, anche attraverso l’uso delle app di messaggistica a cui siamo tanto affezionati in questi tempi.