PERDUTI
Il primo approccio con il titolo Pearl Abyss è traumatico. Non è un semplice modo di dire: siamo talmente tempestati da informazioni, numeri, opzioni e cose da fare che, senza un attimo di raccoglimento spirituale e una guida al nostro fianco, il rischio di mandare tutto all’aria è altissimo. BDO non è “il solito” MMORPG, lo si capisce sin dall’editor del personaggio, probabilmente il più completo su cui abbia sbattuto il muso, che ci offre la possibilità di decidere non solo capigliatura e forma del viso, ma che ci consente di modificare ogni singolo muscolo del volto, la lunghezza e la piega delle ciocche di capelli, le proporzioni del corpo, e chi più ne ha più ne metta. Come rovescio della medaglia, non si sa bene per quale motivo, a ogni classe delle dodici presenti è collegato un sesso solo, costringendoci a vestire i panni di un uomo volessimo fare, ad esempio, il guerriero o a scoprire le meraviglie del sesso femminile per improvvisarci arcieri. In realtà , i primissimi passi, compiuti in compagnia di un buffo spiritello maligno, non sono così tragici: il sistema di movimento ricorda gli Action RPG e, appena sfoderata la spada, ne avremo conferma grazie al sistema di schivate, affondi, combo da infilare premendo un tasto dietro l’altro e diverse modalità di combattimento. La sensazione di non starci assolutamente capendo un tubo fa capolino lentamente, in maniera quasi subdola, mentre il trauma di dover decidere quale abilità sbloccare da un elenco mostruosamente lungo non fa altro che darci il colpo di grazia.
ABBANDONATI
Seguendo la trama principale, tra una chiacchierata con un NPC e con il mio fidato spiritello maligno da compagnia, pensavo di trovare qualche spiegazione su come utilizzare al meglio l’invasivo HUD, fin troppo carico di informazioni a me sconosciute, su quale abilità sbloccare o, perché no, dove recarmi per non avere brutte sorprese. Non ho trovato nulla di tutto ciò. Mi sono sentito solo e abbandonato nello stesso modo in cui, completamente spaesato, cercavo di capire come muovere il mio personaggio appena spawnato a Minoc in quella lontanissima estate del 1999. Il paragone non è casuale: l’opera Pearl Abyss mi ha ricordato moltissimo Ultima Online, non nelle meccaniche, ovviamente, ma nel modo in cui riesce a farci sentire un semplice cittadino di un vastissimo mondo vivo e vegeto, che sopravvive benissimo anche senza il nostro apporto. Dopo qualche ora di gioco ho avuto la prima – e unica – incertezza che, tuttavia, mi ha quasi spinto a disinstallare il titolo: seguendo quella che credevo essere la trama principale, mi sono ritrovato a maciullare migliaia di mostri, e per quanto il sistema di combattimento sia dannatamente divertente da vedere e da provare, dopo diverse ore di spadate, salti e piroette avevo davvero raggiunto il limite di non ritorno. Avevo catalogato BDO come un “mena-mena” frenetico, ottimo per qualche oretta di spensieratezza, ma incapace di tenere un giocatore incollato allo schermo per più di un paio di giorni. Fortunatamente sono stato colto da illuminazione divina grazie all’aiuto di un paio di tutorial cercati sull’internet, e ho scoperto la vera anima nascosta di questo immenso titolo.
SPERANZOSI
Dietro a un’anima prettamente action e accanto a una tastiera da distruggere a colpi di combo e mosse speciali, Black Desert Online nasconde un sistema economico di prima categoria, a cui si aggiungono un’ottima gestione delle abilità lavorative, un fondamentale sistema di housing (ahimè istanziato, ma non sarebbe possibile altrimenti) e un’enorme mappa tutta da esplorare. Probabilmente non mi ero accorto di ciò che era sotto ai miei occhi a causa delle “brutte abitudini” che anni di MMORPG mi hanno trasmesso: molti titoli “Theme Park” ci danno l’illusione di essere open world, dandoci modo di visitare ogni singolo angolo del mondo di gioco, quando, in realtà , ci troviamo innanzi a una serie di livelli sequenziali da visitare a seconda della forza del nostro personaggio, fino a raggiungere le tanto agognate zone “end game” in cui passare il resto dell’avventura. Ebbene, in BDO è sì importante evitare di infilarsi in aree decisamente fuori dalla nostra portata, ma la vera libertà di visitare qualsiasi zona del mondo è presente, in potenza, fin dal primo minuto di gioco, e anzi, finalmente siamo spinti a tornare sui nostri passi, persino nel piccolo paesino periferico iniziale, in cerca di luoghi nascosti, punti di interesse e nodi commerciali. È proprio su questi ultimi che voglio soffermarmi: macinando le migliaia di quest che spuntano come funghi dietro ogni angolo possiamo salire di livello e, soprattutto, aumentare i nostri Contribution Point, valuta “sociale” utile per acquistare case e strutture lavorative, arruolare manovalanza da inviare in giro per il regno e, appunto, prendere possesso dei nodi commerciali. Investendo tali punti abbiamo la possibilità di creare una fitta rete mercantile, fondamentale per inviare i nostri lavoratori a raccogliere materie prime (come legname, minerali o cibarie dalle varie fattorie), e mettere in piedi nelle varie città officine in grado di processare tali risorse, al fine di renderle una merce di scambio di grande valore. La legge della domanda e dell’offerta non perdona, e vendere casse di pesce direttamente a Velia, città portuale, non è un’idea così fruttuosa. Il segreto per macinare quattrini è quindi organizzare carovane commerciali verso lidi distanti dal mare, con tutti i rischi del mestiere connessi, come assalti di ladri e tagliagole lungo la via. Come dissi scherzando durante le prime ore di gioco: “BDO è come Elite, ma con le spade”. Ebbene, mi sbagliavo di poco, e proprio per questo trovo che l’opera Pearl Abyss sia adatta a ogni palato, da chi preferisce menare le mani a chi cerca di mettere in piedi l’impero del pesce.
ESTASIATI
Davanti a queste enormi qualità è impossibile non rimanere catturati dal titolo distribuito in Europa da Daum Games, grazie anche alla vincente idea di renderlo Buy to Play: basterà infatti acquistare il titolo per avere a disposizione l’intera esperienza, senza dover aprire il portafoglio, mese dopo mese, per un abbonamento e lasciando le microtransizioni ai puri acquisti estetici, che non influiscono minimamente sul gameplay. Nonostante il “curriculum vitae” zeppo di MMORPG di qualsiasi genere, sia io che il Kikko nazionale siamo rimasti a dir poco catturati dall’insieme delle meccaniche di BDO, e con qualche ora di gioco sul groppone tutti i dubbi sorti durante i primi incerti passi sono spariti completamente, a partire proprio da quell’HUD invasivo e carico di informazioni che, a conti fatti, è perfetto per tenere sempre sott’occhio qualsiasi variabile necessaria, comprese le dinamiche economiche che, con un poco di pazienza e dedizione, risultano particolarmente gradevoli e azzeccate. Le meccaniche action, fiore all’occhiello dell’opera, si sposano bene con gli scontri fra giocatori, risultando pesantemente sbilanciate verso le battaglie campali e gli assedi tra gilde, che spesso e volentieri se le danno di santa ragione per conquistare qualche punto d’interesse e, di conseguenza, lucrare da ogni azione commerciale che vi avviene tramite le tasse. Gli amanti del PvE (la divina arte del prendere a badilate sul muso i mostri governati dall’AI), invece, rimarranno non poco delusi: a parte qualche raro evento e mostro gigante a cui dare la caccia, sarà raro doversi organizzare con una combriccola per esplorare un dungeon e passare un allegro pomeriggio di sudore e improperi. Ciò che invece non finirò mai di lodare (a parte il sole) è il sistema di abilità lavorative, sia di raccolta che di raffinazione: le materie prime sono tante, anzi tantissime, e anche solo per cucinare una zuppa è necessario racimolare quattro o cinque tipi diversi di ingredienti; lo stesso vale per ogni arma, armatura, pozione o arredamento per la casa. L’unica grande difficoltà riscontrata è che ho in breve tempo saturato tutto lo spazio disponibile nel mio zaino e nella banca della città in cui mi sono stabilito, essendomi dedicato ad attività secondarie per fin troppe ore tralasciando la sacra arte del maciullare mostri. Fortunatamente, oltre alla possibilità di allargare i magazzini investendo i propri Contribution Point su strutture adeguate, ogni città ha una banca indipendente, e basta una decina di minuti di galoppata per risolvere tale problema. Oppure, volendo dare uno schiaffo alla povertà , è possibile inviare carrozze merci da una cittadina all’altra, a patto di spendere un bel po’ di monetine d’argento, sempre se non abbiamo precedentemente provveduto a collegare la meta del tragitto al punto di partenza tramite i nodi commerciali di cui abbiamo già parlato: in tal caso la spesa sarà davvero minima.
DUBBIOSI
Qualche riga sopra ho scritto che siamo davanti a un MMORPG adatto ad ogni palato. Mentivo. Sulla carta BDO può davvero accontentare ogni tipo di giocatore, ma la dura realtà è che il carico di informazioni da processare, il numero elevato di cose da fare e i fattori da seguire potrebbero mandare in crisi anche il più navigato tra noi: l’opera Pearl Abyss necessita di fatica e dedizione, e le cose peggiorano drasticamente una volta raggiunto il soft level cap quando, per avanzare di livello e per seguire la “vita di gilda”, risulta necessario ritagliarsi diverse ore ogni giorno. Il titolo in questione è senza dubbio uno dei più completi e originali che mi sia capitato di provare in questi anni, ma la ripidissima curva di difficoltà e l’alta probabilità di “perdersi” tra le miriadi di quest e cose da fare contemporaneamente rischiano di rivelarsi armi a doppio taglio.
COMMENTO
Black Desert Online è stata la mia sorpresa estiva. Nonostante la sua anima prettamente action, si è rivelato un titolo incredibilmente profondo (forse sin troppo, ad essere sinceri) capace di monopolizzare il mai sufficiente tempo che abbiamo a disposizione per stare davanti allo schermo. Serve pazienza, tempo, dedizione e una buona guida per non perdersi nelle vastissime terre liberamente esplorabili, ma se vi piace il genere è un acquisto imprescindibile di cui difficilmente vi pentirete.
+ Un vastissimo mondo da esplorare
+ Tantissime cose da fare…
– …e si rischia di venire sommersi da esse
– End Game da rifinire